martedì 20 marzo 2012

Tributi: nella metà dei ricorsi vincono i contribuenti


Parlare di statistiche del contenzioso tributario è come toccare un nervo scoperto, in un rapporto tra fisco e contribuente che, per esigenze di nobile lotta all’evasione o di meno nobile recupero di gettito ad ogni costo, risulta sempre più fondato sulla riscossione e sempre meno sulla giustizia. L’obbligo di versare parte delle somme contestate, anche se si presenta ricorso e si è in pendenza di giudizio, costituisce per il cittadino contribuente una delle più evidenti deroghe all’applicazione dei principi propri di uno Stato di diritto fondato sulla presunzione di innocenza.
Lo stato di necessità può ben giustificare simili rinunce, ma è chiaro che, tanto più forti sono le armi messe a disposizione dell’Amministrazione finanziaria, tanto maggiore deve essere il senso di responsabilità nell’avviare procedimenti amministrativi che consentono di attivarle. Le statistiche sugli esiti dei contenziosi tributari sono oggettivamente uno dei metri di misura più idonei per valutare la maturità del sistema a fronte della potenza di fuoco che gli viene messo a disposizione.
Replicando a chi esprime perplessità sulla sostenibilità di un sistema fondato su una riscossione resa sempre più veloce anche in caso di ricorso del contribuente ed in pendenza del relativo giudizio, l’Agenzia delle entrate ha recentemente affermato, con una propria nota stampa, che le statistiche provvisorie degli esiti dei giudizi definitivi nel 2011 (a oggi non ancora ufficiali) evidenziano un “38,6% di sentenze favorevoli ai contribuenti corrispondono importi pari solo al 26,5% del totale in contestazione”.
In occasione della presentazione dell’istituto della mediazione tributaria, destinato ad entrare in vigore il prossimo 1 aprile 2012, l’Agenzia delle entrate ha ribadito il concetto, affrontandolo questa volta dal punto di vista degli esiti dei giudizi definitivi nel 2011 favorevoli all’Agenzia delle entrate: “Il numero delle controversie vinte da parte dell’Agenzia delle Entrate rimane stabile, attestandosi al 61,4%, mentre aumenta l’indice di vittoria per valore, che raggiunge il 73,5% (rispetto al 70,3% del 2010)”. L’ultimo anno, per il quale il Dipartimento delle Finanze del Ministero dell’Economia e delle Finanze ha reso disponibili le statistiche sul contenzioso tributario, è il 2010.
I ricorsi presentati dai contribuenti alle commissioni tributarie provinciali sono stati 290mila 906, di cui:
  • 178.202 contro atti impositivi emessi dall’Agenzia delle entrate (61,26%)
     
  • 41.937 contro atti impositivi emessi da Regioni ed Enti locali (14,42%)
     
  • 30.819 contro atti impositivi emessi da Equitalia (10,59%)
     
  • 29.390 contro atti impositivi emessi da enti vari (10,10%)
     
  • 8.031 contro atti impositivi emessi dall’Agenzia del territorio (2,76%)
     
  • 2.527 contro atti impositivi emessi dall’Agenzia delle dogane (0,87%)
I ricorsi decisi dalle commissioni tributarie provinciali sono stati 271mila 900, di cui 34.550 relativi a ricorsi presentati nel medesimo anno 2010 e la restante parte relativi a ricorsi presentati in annualità precedenti. La differenza tra ricorsi presentati e ricorsi decisi, pari a 19.906, costituisce l’incremento dei ricorsi pendenti, passato dai 577.702 a fine 2009 ai 596.708 a fine 2010. I 271mila 900 ricorsi decisi hanno avuto il seguente esito:
  • 108.780 favorevoli all’ente impositore (40,01%)
     
  • 98.102 favorevoli al contribuente (36,08%)
     
  • 34.782 estinzioni per sopravvenuta modifica normativa, tipo condono (12,79%)
     
  • 27.165 solo parzialmente favorevoli al contribuente (9,99%)
     
  • 3.071 definiti mediante conciliazione giudiziale (1,13%).
I ricorsi nei quali, in tutto o in parte, è stata data ragione ai contribuenti sono stati dunque pari al 46,07% (= 36,08% di totalmente favorevoli + 9,99% di parzialmente favorevoli). Inoltre, la Relazione Ministero dell’Economia e delle Finanze sottolinea alla pagina 76 quanto segue: “Presso le CTP [commissioni tributarie provinciali, ndr] si evidenzia una percentuale di successo degli Enti impositori del 40,01% contro il 36,08% di successo del contribuente. Limitando, tuttavia, l’analisi dei ricorsi definiti con una decisione di merito, il contribuente registra una percentuale di successo superiore a quella degli uffici: 47,76% contro il 39,02%”.
In altre parole, quando il giudizio viene deciso sulla base del merito della correttezza della pretesa tributaria, invece che sulla base di vizi procedurali che possono invalidare il ricorso del contribuente anche se magari è corretto nel merito, i contribuenti si vedono dare ragione, in tutto o in parte, il 60,98% delle volte (= 47,76% di totalmente favorevoli + 13,22% di parzialmente favorevoli). Da altro punto di vista, ciò vuol dire che gli accertamenti e gli altri atti impositivi che vengono impugnati dai contribuenti sono più spesso infondati (almeno in parte) che non fondati.
Per quanto riguarda gli esiti dei ricorsi che vertono sui soli accertamenti e altri atti impositivi emessi dall’Agenzia delle entrate, i 168.290 ricorsi decisi dalle commissioni tributarie provinciali nel 2010 hanno avuto i seguenti esiti:
  • 66.918 favorevoli all’Agenzia delle entrate (39,76%)
     
  • 60.648 favorevoli al contribuente (36,04%)
     
  • 27.876 estinzione del processo (16,57%)
     
  • 12.848 parzialmente favorevoli ai contribuenti (7,63%)

Alla luce di quanto precede, si può concludere che i dati non ancora ufficiali del 2011, anticipati dall’Agenzia delle entrate con la propria nota stampa delle scorse settimane (“38,6% di sentenze favorevoli ai contribuenti corrispondono importi pari solo al 26,5% del totale in contestazione”), confermerebbero il trend degli anni precedenti, con una diminuzione delle vittorie dei contribuenti per valore di causa (-2,65%), ma un incremento di vittorie per numero di controversie (+2,2%). Suscita invece qualche perplessità quanto affermato nel comunicato stampa di ieri dell’Agenzia delle entrate, perché, se è vero che il 61,4% è il reciproco di 38,6% e 73,5% è il reciproco di 26,5%, è del pari vero che, come sottolineano le statistiche ufficiali del Ministero dell’Economia e delle Finanze, così facendo l’Agenzia delle entrate si intesterebbe come esiti pienamente favorevoli anche gli esiti che si risolvono invece in giudizi parzialmente favorevoli ai contribuenti e quelli che si risolvono in estinzione del processo.
Considerato il sostanziale allineamento dei dati parziali anticipati dall’Agenzia delle entrate per il 2011 con i corrispondenti dati ufficiali del 2010, è lecito attendersi che anche per il 2011 le percentuali di sentenze interamente favorevoli all’Agenzia delle entrate si attesteranno in un intorno del 40% (39,76% nel 2010) e i corrispondenti importi sul totale in contestazione si attesteranno in un intorno del 50% (47,19% nel 2010).
Numeri che inducono anche a qualche riflessione sulla necessità di un cambiamento culturale non solo da parte del contribuente, ma anche dell’Amministrazione finanziaria, tanto più oggi che le norme, a decorrere dal prossimo 1 aprile 2012, attribuiscono all’Agenzia delle entrate il ruolo di mediatrice di se stessa, laddove stabiliscono che, per le controversie di valore non superiore a 20mila euro, il contribuente non può ricorrere al giudice tributario prima di aver obbligatoriamente esperito la cosiddetta mediazione tributaria avanti altri uffici di quella stessa pubblica amministrazione che è anche sua controparte nel procedimento.

fonte: linkiesta

1 commento:

liberopensatore ha detto...

Finalmente qualcuno che affronta questo argomento! In Italia non c'è solo l'evasione, ma anche l'azione talvolta persecutoria dell'Agenzia delle entrate che, a volte, insegue anche contribuenti onesti fino a sfiancarli e distruggerli. Il problema di fondo è che orientarsi nella giungla normativa del fisco italiano è spesso difficile e i direttori delle sedi locali delle agenzie delle entrate forzano la interpretazione delle leggi al solo fine di ottenere che il contribuente si rechi di persona da loro. A questo punto inizia il ricatto che porta, per gli evasori reali, a pagare modiche tangenti, e per le persone oneste, che non cedono al ricatto, a resistere in giudizio, che in gran parte dei casi si conclude, fortunatamente, a loro favore (ma dopo dispendio di tempo e soldi, nonché di stress). Sarebbe interessante poi vedere una statistica sull'esito delle cause discusse in appello. Capita che le commissioni tributarie provinciali siano più permissive nei confronti degli ispettori della locale agenzia delle entrate, i quali, come noto, percepiscono un incentivo che è in base al numero di accertamenti emessi, mentre più realistica potrebbe essere una stima basata sul merito dei ricorsi in appello. Forse la percentuale favorevole al contribuente potrebbe essere ancora maggiore.