mercoledì 4 aprile 2012

Il pozzo senza fondo dei rimborsi elettorali

Nel 1993 la vittoria al referendum sancì la fine del finanziamento pubblico ai partiti. O perlomeno avrebbe dovuto. Perché il finanziamento pubblico ai partiti non è mai morto. Solo che adesso si chiama in un altro modo, "rimborsi elettorli". Ma, se possibile, disegna uno scenario di spreco del denaro pubblico ancora peggiore e senza precedenti. Diamo un'occhiata alle cifre. E cerchiamo di restare calmi.
Il rimborso elettorale si calcola sulla base dgli elettori iscritti alle liste (circa 50 milioni) e poi dei voti ricevuti. Dal 2002 si paga 5 euro per ogni consultazione, Camera, Senato, europee e regionali. Bene, in questo arco di tempo i rimborsi sono lievitati del 1.110 per cento.  
Il meccanismo di calcolo è tremendo. Paghi per le spese elettorali, ma incassi come rimborso tre-quattro volte tanto. La Lega, per esempio, ha incassato per le elezioni del 2008 ben 41 milioni e 384mila euro. Ne aveva spesi però 3 milioni e 362mila euro. Dove vanno a finire tutti questi soldi di differenza? (domanda retorica, lo sappiamo bene dove vanno a finire).
Ancora. I partiti che non raggiungono l'1% non hanno diritto ai rimborsi. I soldi vengono tuttavia spartiti lo stesso, tra le altre forze politiche.
I contributi privati sopra ai 50.000 dati ai partiti sono anonimi.
E poi ci sono soldi che arrivano alla casta da altre voci: finanziamento dei giornali di partito, contribuiti parlamentari, ecc.
In conclusione, nel 2008 le spese complessive di tutti i partiti per le elzioni sono state di 136 milioni di euro. I rimborsi elettorali di 503 milioni!
In 37 anni, calcolando insieme tutte queste voci di entrata, si sono spesi per il finanziamento pubblico ben 10 miliardi di euro! Senza nemmeno il controllo pubblico della Corte dei Conti, che nei bilanci dei partiti non ci può mettere il naso.
E la Casta continua a guadagnare... 

  

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