martedì 11 ottobre 2011

Se Steve fosse nato in provincia di Napoli

Steve Jobs è cresciuto a Mountain View, nella contea di Santa Clara, in California. Qui,  con il suo amico Steve Wozniak, fonda la Apple Computer, il primo aprile del 1976. Per finanziarsi, Jobs vende il suo pulmino Volkswagen, e Wozniak la propria calcolatrice. La prima sede della nuova società fu il garage dei genitori: qui lavorarono al loro primo computer, l’Apple I. Ne vendono qualcuno, sulla carta, solo sulla base dell’idea, ai membri dell’Homebrew Computer Club. Con l’impegno d’acquisto, ottengono credito dai fornitori e assemblano i computer, che consegnano in tempo. Successivamente portano l’idea ad un industriale, Mike Markkula, che versa, senza garanzie, nelle casse della società la somma di 250.000 dollari, ottenendo in cambio un terzo di Apple. Con quei soldi Jobs e Wozniak lanciano il prodotto. Le vendite toccano il milione di dollari. Quattro anni dopo, la Apple si quota in Borsa.
Mettiamo che Steve Jobs sia nato in provincia di Napoli. Si chiama Stefano Lavori. Non va all’università, è uno smanettone. Ha un amico che si chiama Stefano Vozzini. Sono due appassionati di tecnologia, qualcuno li chiama ricchioni perchè stanno sempre insieme. I due hanno una idea. Un computer innovativo. Ma non hanno i soldi per comprare i pezzi e assemblarlo. Si mettono nel garage e pensano a come fare. Stefano Lavori dice: proviamo a venderli senza averli ancora prodotti. Con quegli ordini compriamo i pezzi.
Mettono un annuncio, attaccano i volantini, cercano acquirenti. Nessuno si fa vivo. Bussano alle imprese: “volete sperimentare un nuovo computer?”. Qualcuno è interessato: “portamelo, ti pago
a novanta giorni”. “Veramente non ce l’abbiamo ancora, avremmo bisogno di un vostro ordine scritto”. Gli fanno un ordine su carta non intestata. Non si può mai sapere. Con quell’ordine, i due vanno a comprare i pezzi, voglio darli come garanzia per avere credito. I negozianti li buttano fuori. “Senza soldi non si cantano messe”. Che fare? Vendiamoci il motorino. Con quei soldi riescono ad assemblare il primo computer, fanno una sola consegna, guadagnano qualcosa. Ne fanno un altro. La cosa sembra andare.
Ma per decollare ci vuole un capitale maggiore. “Chiediamo un prestito”. Vanno in banca. “Mandatemi i vostri genitori, non facciamo credito a chi non ha niente”, gli dice il direttore della filiale. I due tornano nel garage. Come fare? Mentre ci pensano bussano alla porta. Sono i vigili urbani. “Ci hanno detto che qui state facendo un’attività commerciale. Possiamo vedere i documenti?”. “Che documenti? Stiamo solo sperimentando”. “Ci risulta che avete venduto dei computer”.
I vigili sono stati chiamati da un negozio che sta di fronte. I ragazzi non hanno documenti, il garage non è a norma, non c’è impianto elettrico salvavita, non ci sono bagni, l’attività non ha partita Iva. Il verbale è salato. Ma se tirano fuori qualche soldo di mazzetta, si appara tutto. Gli danno il primo guadagno e apparano.
Ma il giorno dopo arriva la Finanza. Devono apparare pure la Finanza. E poi l’ispettorato del Lavoro. E l’ufficio Igiene. Il gruzzolo iniziale è volato via. Se ne sono andati i primi guadagni. Intanto l’idea sta lì. I primi acquirenti chiamano entusiasti, il computer va alla grande. Bisogna farne altri, a qualunque costo. Ma dove prendere i soldi?
Ci sono i fondi europei, gli incentivi all’autoimpresa. C’è un commercialista a Napoli che sa fare benissimo queste pratiche. “State a posto, avete una idea bellissima. Sicuro possiamo avere un finanziamento a fondo perduto almeno di 100mila euro”. I due ragazzi pensano che è fatta. “Ma i soldi vi arrivano a rendicontazione, dovete prima sostenere le spese. Attrezzate il laboratorio, partire con le attività, e poi avrete i rimborsi. E comunque solo per fare la domanda dobbiamo aprire la partita Iva, registrare lo statuto dal notaio, aprire le posizioni previdenziali, aprire una pratica dal fiscalista, i libri contabili da vidimare, un conto corrente bancario, che a voi non aprono, lo dovete intestare a un vostro genitore. Mettetelo in società con voi. Poi qualcosa per la pratica, il mio onorario. E poi ci vuole qualcosa di soldi per oliare il meccanismo alla regione. C’è un amico a cui dobbiamo fare un regalo sennò il finanziamento ve lo scordate”. “Ma noi questi soldi non ce li abbiamo”. “Nemmeno qualcosa per la pratica? E dove vi avviate?”.
I due ragazzi decidono di chiedere aiuto ai genitori. Vendono l’altro motorino, una collezione di fumetti. Mettono insieme qualcosa. Fanno i documenti, hanno partita iva, posizione Inps, libri contabili, conto corrente bancario. Sono una società. Hanno costi fissi. Il commercialista da pagare. La sede sociale è nel garage, non è a norma, se arrivano di nuovo i vigili, o la finanza, o l’Inps, o l’ispettorato del lavoro, o l’ufficio tecnico del Comune, o i vigili sanitari, sono altri soldi. Evitano di mettere l’insegna fuori della porta per non dare nell’occhio. All’interno del garage lavorano duro: assemblano i computer con pezzi di fortuna, un po’ comprati usati un po’ a credito. Fanno dieci computer nuovi, riescono a venderli. La cosa sembra poter andare.
Ma un giorno bussano al garage. E’ la camorra. Sappiamo che state guadagnando, dovete fare un regalo ai ragazzi che stanno in galera. “Come sarebbe?”. “Pagate, è meglio per voi”.
Se pagano, finiscono i soldi e chiudono. Se non pagano, gli fanno saltare in aria il garage. Se vanno alla polizia e li denunciano, se ne devono solo andare perchè hanno finito di campare. Se non li denunciano e scoprono la cosa, vanno in galera pure loro.
Pagano. Ma non hanno più i soldi per continuare le attività. Il finanziamento dalla Regione non arriva, i libri contabili costano, bisogna versare l’Iva, pagare le tasse su quello che hanno venduto, il commercialista preme, i pezzi sono finiti, assemblare computer in questo modo diventa impossibile, il padre di Stefano Lavori lo prende da parte e gli dice “guagliò, libera questo garage, ci fittiamo i posti auto, che è meglio”.
I due ragazzi si guardano e decidono di chiudere il loro sogno nel cassetto. Diventano garagisti.
La Apple in provincia di Napoli non sarebbe nata, perchè saremo pure affamati e folli, ma se nasci nel posto sbagliato rimani con la fame e la pazzia, e niente più.

Antonio Menna

30 commenti:

Unknown ha detto...

Tristemente vero. Io faccio il programmatore di siti web e vedere geni come Jobs e Zuckerberg (il secondo, per principio personale un po meno genio imprenditoriale rispetto al primo ma con più mente da programmatore) e da sempre provo ad immaginare e creare un idea per il web ma purtroppo, direi, che oltre al sud dell'italia, tutta l'italia ha questo problema che per fortuna ne Jobs e ne Zuckerberg hanno incontrato nella loro carriera. Sono sempre dell'idea che il 50% della tua carriera si sviluppa e cresce anche in base alla fortuna che gira eventualmente dalla tua parte.

C. ha detto...

La realtà invece è diversa; in Campania è nata nel 1989 l'ACCA Software, oggi il primo produttore di software per l'edilizia in Italia.

tommolo ha detto...

bah alcune delle cose più geniali al mondo sono nate proprio in campania...e si sono fatte strada nel mondo (parlo ad esempio dell'opera e del teatro, mica solo della pizza o della cucina napoletana...) la verità è che il genio è per definizione colui che è in grado di cambiare la realtà, ribaltarla, capovolgerla: un genio è quello che, da bimbo adottato, diviene un grande magnate del mondo digitale. E' un genio chi, nascendo in provincia di napoli, capovolge la situazione e si reinventa, innova e diventa Roberto Saviano. Per tutti gli altri mediocri, spiace dirlo, ma resta la cosiddetta "fuga dei cervelli".

Anonimo ha detto...

Infatti lo ha detto ai neolaureati di Stanford...

Libby ha detto...

Stupenda!

magnolia ha detto...

E' un racconto bellissimo, duro per certi aspetti ma vero!
Chissà in quante province ci sono steve jobs che nn sono mai riuscuti nella loro impresa...
Che amarezza...

Ricette per la Crisi ha detto...

@magnolia... secondo me in quelle province non c'è nessun steve jobs inespresso...se uno ha la cazzimma di SJ emerge pure se nasce a Casal di Principe...mi associo completamente al commento di BI LOCOS...

Anonimo ha detto...

@negus
L'ACCA non è nata a napoli, bensì in Irpinia, lontano dalla camorra!

aluprojects ha detto...

sono daccordo anch' io che un vero genio di quelli che ne nascono 1 su un milione alla fine riesce ad emergere comunque...secondo me l' articolo va interpretato in un altro modo, e cioè che con tutte le gabelle, i costi fissi, le mazzette da pagare a chi gode ( ingiustamente ) di rendite di posizione ( notai, commercialisti, l' enorme apparato burocratico dello Stato sotto forma di autorizzazioni, permessi, posizione Iva, non ultima l' INPS che devi pagare anche se sei in rosso ), unite a un sistema bancario che finanzia solamente chi i soldi li ha già oppure è abbastanza immanicato...senza tirare in ballo la camorra ma io dico che in tutta Italia, e non solo a Napoli, ogni giorno decine di potenzialmente buone idee imprenditoriali ( in gran parte non rivoluzionarie ma quel tanto che basterebbe da vivere dignitosamente ed essere realizzato a una persona ) vengono accantonate amaramente...questa è l' Italia in pratica prima di partire hai già il c.ulo per terra

Mattia Poletti (Rebel Ekonomist) ha detto...

L'Italia aveva anche lei uno Steve Jobs. Si chiamava Olivetti. Sappiamo poi la fine che ha fatto.


The Rebel Ekonomist

Alessandro ha detto...
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Alessandro ha detto...

Secondo me quello che dice questo post é molto semplice. Se Jobs fosse nato in provincia di Napoli o in altri luoghi del sud Italia se la sarebbe presa in quel posto perché non avrebbe avuto un ambiente idoneo. Quindi per me non vuol dire che da noi ci sono tanti Jobs mancati, anzi da noi ci sono una marea di persone che devono vivre anzi sopravvire in una societá dove il primo a renderti la vita impossibile é lo stoto. Mi fanno ridere coloro che dicono che chi ha le palle riesce e io rispodndo,come la apri un´attivata senza pagare mazzette e andare avanti normalmente? Sfido chiunque ad aprire una grassa attivitá e non pagare le mazzette e vedere fino a quando dura, poi non c´é forza di volontá che tenga, li o paghi o chiudi semplice.

Articolo 21 ha detto...

L'idea di google è arrivata da Massimo Marchiori quando era negli USA. un ricercatore che è dovuto andare via dall'Italia per poter lavorare... non aggiungo altro!

Ben ha detto...

CHE CAZZATA...

Bellator2 ha detto...

La verità è che in Italia, non solo a Napoli, l'azienda che cresce lo fa solo se lo vuole la mafia o la camorra o l'ndrangheta.... Senza il loro benestare puoi essere anche un genio ma salti in aria tu e la tua baracca in tempo zero.... Ma dove andate?!

Anonimo ha detto...
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Anonimo ha detto...

Indubbiamente quanto scritto nell'articolo è lo standard in Italia, ed è ovvio che una carriera del genere non sarebbe possibile quando ti mettono bastoni fra le ruote tutti dalla guardia di finanza, all'erario, all'inps, alla mafia e la camorra soprattutto.
Ciò non toglie nulla, però, alla genialità di chi ce l'ha fatta anche in ambienti più favorevoli; semmai aggiunge peso alla genialità di chi ce la fa anche in ambienti sfavorevoli,sia di chi è costretto a scappare, sia (ancora di più) di chi rimane.
Einstein, Erich Fromm e tutti gli intellettuali ebrei scappati negli USA dopo la seconda guerra mondiale non hanno chiuso i loro sogni nel cassetto per il fatto che hanno dovuto abbandonare la Germania. Sono del parere che il genio è genio in ogni tempo e in ogni luogo: detto questo, è ovvio che tutti i freni di questo Paese di merda in cui viviamo, purtroppo, abbattono ogni giorno il coraggio di chi prova ad alzare la testa.

S.T. ha detto...

VIdeo666: guarda che il post non l'ho scritto io, ma antonio menna; se clicki sul suo nome sotto il post, si apre il suo blog.

rdm ha detto...

A chi dice che anche in Campania si può essere SJ dico solo questo: Putt..nate!! In Campania così come nel resto d'Italia se ce la vuoi fare a far volare le tue idee geniali devi andare negli USA! O comunque in qualunque altro posto CIVILE della terra, tranne l'Italia. Per la Campania poi il discorso diventa speciale; non esiste al mondo un posto dove, in una nazione "democratica", a comandare sono i camorristi di mer.da. Dal primo all'ultimo avamposto di governo non si muove foglia che camorra non voglia, e il resto della società Campana segue a ruota. Se camorra vuole si fa, se non vuole non si fa. Smettete di contare palle sulla libertà d'impresa in quella regione dimenticata da Dio e da tutti.

Anonimo ha detto...

Scusami tanto non avevo letto il link.

buon lavoro.

Mister Fedward Hyde ha detto...

Bellissima (e tristissima) storia sulla difficolta'per l'imprenditoria di emergere, in gran colpa del parassitico apparato burocratico.

Prometheus336 ha detto...
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Prometheus336 ha detto...

io dico solo questo il problema non è né la camorra né le troppe leggi che abbattono il piccolo imprenditore. Il vero problema è che in italia i soldi per investire non ci sno e chi ce li ha se li tiene per investire sui settori edilizi o comunque per sue iniziative private. C'è poi un altro problema: gli stati uniti sono uno stato giovane, cioè la percentuale di giovani è maggiore e poi c'è la "tradizione" del talent scout ossia del "cacciatore di nuovi talenti"; va da sè che di steve jobs negli USA ce ne sono 100 che vengono notati da impresari con fondi fantascientifici anziché 3 4 come ce ne sono in italia che sognano nei garage. Su quei 100 poi 1 soltanto riesce a prevalere e solo dopo una sanguinosissima competizione(basti pensare alla guerra microsoft apple che si è conclusa con l'acquisizione di gates della mela).
In definitiva da una parte è inutile fare paragoni tra italia e stati uniti, perchè sono due mondi diversi che si fondano su valori diversi,dall'altra non si deve pensare che gli stati uniti siano davvero un posto così rosa e fiori: non dimentichiamoci che la mafia i nostri immigrati l'hanno portata anche lì e che la criminalità è molto più diffusa di quanto loro non diano a vedere.

Negli stati uniti chi ha i soldi lo sbandiera ai quattro venti, in italia si fa attenzione perché si ha paura della finanza. Negli stati uniti fino a pochi anni fa e ancora ai tempi di jobs c'era "il sogno americano" in italia abbiamo questo pessimismo che stronca ogni voglia di provarci, quando in realtà questo potrebbe esser usato come un punto a nostro vantaggio: se davvero è più difficile emergere vorrà dire che i nostri steve jobs saranno mille volte migliori dell'originale.

Francis ha detto...

Se Steve Jobs fosse nato a Napoli la prima cosa che avrebbe fatto è: FUGGIRE DA NAPOLI!
Mi spiace, non riesco ad apprezzare la trovata. Perché è un po' banale e sono cose che sappiamo da sempre.
Ma che si fa?
Chi agisce?
Chi vota sempre gli stessi?

Anonimo ha detto...

Per quanto leggo questo articolo enfatizza "il genio" Steve Jobs. Questo perchè si hanno poche conoscenze della tecnologia ed architettura di un computer e quel che ha fatto S.J. (stavo per scrivere S.T...) sarebbe stato potuto da Gennaro Esposito nato a Napoli nel quartiere Sanità. La differenza sta nell' insegnamento scolastico tra la cultura prettamente indirizzata alle materie umanistiche che vige in quella italiana e quella americana, che guarda al pragmatismo scientifico finalizzato ad un ingresso nel mondo del lavoro (in sostanza 'essere utili a qualcosa').
Sicuro, parliamo di due realtà completamente differenti. Scrisse Montanelli nella sua 'Storia di Roma' : "se gli studenti romani avessero dovuto studiare il latino non avrebbero avuto il tempo di conquistare il mondo".

ps. per chi non lo sapesse : la differenza sostanziale tra la Apple e la microsoft sta nel fatto che per leggere un file uno va da destra a sinistra e l' altro viceversa. Erano i tempi del Commodore, e qualcuno si ricorderà..il resto sono dettagli (A.E.)

Anonimo ha detto...

Se poi ci riferiamo allo S.J. imprenditore beh questa è un ' altra cosa. Ma parliamo sempre dell' America e del sogno americano. Da noi basta avere di un Mammi, amico di un Craxi, il quale è amico di un berlusca, per avere le concessioni televise in 'appalto'.

A proposito di sogno americano...Marchionne (sincero) ha sognato di mettere quattro americani in una scatoletta da tonno. Genio di imprenditore!!! La scatoletta è la fiat cinquecento, adesso costruita in Polonia, ma sarebbe stata fatta in America dopo. Che genio, ragazzi!

luca ha detto...

l'articolo è indecoroso. senza gli ingegneri italiani che hanno "inventato e prodotto" prima di jobs, la "mela" probabilmente non sarebbe neanche esistita.

http://it.wikipedia.org/wiki/Olivetti_Programma_101

lasciamo perdere i falsi miti.

rdm ha detto...

@luca: chiediti, perchè la Olivetti ha fatto la fine che ha fatto? Perchè era in Italia. Ok, la Programma 101 era rivoluzionaria, certo, ma da qui a dire che la mela senza della Olivetti non sarebbe mai esistita ce ne passa.
Perchè Jobs viene definito genio? Non perchè abbia inventato qualcosa, ma perchè ha scoperto prima di noi quello che ci sarebbe piaciuto e che avremmo voluto con tutte le forze usare.
Il suo umus però erano gli USA. Fine della storia. Essere autarchici in Italia non ha mai funzionato.

Anonimo ha detto...

ieri sera a "Le IENE" hanno fatto vedere un servizio che racchiude proprio il senso di questo articolo: centinaia e centinaia di geni laureati e non che sono andati in America a portare le proprie idee, perchè lì vengono ascoltati, creduti, sostenuti e dato loro un contratto a tempo indeterminato

giovanni ha detto...

...dopo che con la mia attività ho superato i trent'anni, mi capitato le stesse vicende con la nuova società dei miei figli. E pensate che sono un carroarmato nel fare e nel chiedere; la conclusione è che bisogna imprecare contro madre natura, ha creato la regione più bella del mondo "CAMPANIA FELIX" ma l'ha riempita di gentaglia e di delinquenti.
GIampiero da Giffoni